I limiti – non tanto intrinsechi, quanto imposti dalla legislazione – e le opportunità – enormi, la maggior parte ancora da scoprire – delle biotecnologie, in particolare quelle di silenziamento genico, sono stati la novità della seconda e ultima giornata del World Pear Forum, la rassegna di interventi tecnico-scientifico e commerciali dedicati al settore della pericoltura tenutosi a Futurpera (2-3-4 dicembre), nel quartiere fieristico di Ferrara.
Le nuove tecnologie di breeding e di lotta ai patogeni, anche se sono il risultato di anni di ricerca e sperimentazione rigorosi, destano ancora dubbi e perplessità nell’opinione pubblica. Soprattutto nell’opinione di chi non è del settore. E’ quanto affermato dal Prof. Bruno Mezzetti dell’Università Politecnica delle Marche, che dopo aver fatto riferimento allo stato dell’arte della legislazione, che ancora ne limita l’utilizzo, ha sottolineato le potenzialità di queste tecniche pur nella consapevolezza di una necessaria riflessione, che però deve partire prima di tutto dalla conoscenza reale di queste tecniche e non da preconcetti.
Ad avere una posizione precisa ed autorevole su queste tecnologie è invece Gianni Amidei, presidente OI Pera, intervenuto come relatore nella seconda sessione del convegno: “Si ha molta paura di parlare di silenziamento genico e di tecniche analoghe – ha commentato Amidei – ma per quanto possa essere alto il rischio di essere criticati, dobbiamo parlarne sempre di più e senza timore, perché questa è l’unica strada percorribile. La pericoltura è sì espressione di aziende fortemente specializzate nella coltura specifica, ma è anche un’importante componente di tante aziende multi-prodotto e concorre a portare un equilibrio all’interno dell’economia del settore ortofrutticolo in generale. Per questo, il crollo della produzione di pere danneggia un’enorme fetta del comparto produttivo globale e non possiamo permettere che ciò avvenga”.
Le conclusioni sono spettate a Stefano Boncompagni, del Servizio fitosanitario della Regione Emilia-Romagna: “Parto da un dato significativo: se nel 1993 avevamo a disposizione 1.064 molecole per difendere le produzioni, nel 2021 ne abbiamo 321, perché tutte le altre sono state vietate. Se a ciò sommiamo il fatto che ogni giorno, insieme ai milioni di tonnellate di ortofrutta che viaggiano quotidianamente in ogni parte del mondo, entrano nel nostro Paese patogeni di ogni tipo (sono circa 100 all’anno i nuovi organismi nocivi che arrivano in Italia), appare chiaro che dobbiamo imparare a difenderci”.
Boncompagni ha incalzato: “C’è ancora tanta strada da fare, ma oggi finalmente possiamo presentarci alla pubblica opinione semplicemente dicendo: stiamo lavorando per risolvere un problema”.
La posizione di Boncompagni è apparsa nettamente attraverso questa affermazione: “La preoccupazione nel percorrere questa strada può esserci e, anzi, deve esserci, perché richiede profonda cautela e prudenza, ma questa preoccupazione non deve spaventare di più di quella del non percorrere questa strada, perché non percorrerla può significare vedere morire un intero e importante comparto produttivo”.
Il convegno è stato comunque l’occasione per spunti e riflessioni importanti anche su altri temi di primaria importanza.
Nella sessione dedicata ai cambiamenti climatici e gli effetti sull’ortofrutta Massimiliano Fazzini, climatologo, docente di climatologia e rischio climatico presso le Università di Camerino e Ferrara, ha sottolineato con dati puntuali ed oggettivi l’innalzamento delle temperature e la diversa distribuzione delle precipitazioni che tendono a diventare sempre più estreme; Gioele Chiari, divulgatore scientifico del CER (Canale Emiliano Romagnolo) si è concentrato sui sistemi antibrina e sulla climatizzazione, come metodi che possono essere efficaci per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, ma che presuppongono una forte specializzazione nel metodo di utilizzo. Infine Giuseppe Todeschini della Regione Emilia-Romagna ha fatto una disamina efficace sulle agevolazioni e ristori che l’ente pubblico mette a disposizione dei produttori.
La seconda sessione è stata dedicata ai risultati delle ricerche sui grandi problemi che affliggono la pericoltura da diversi anni. Michele Mariani della Fondazione Navarra ha messo in luce in modo puntuale l’esperienza della Fondazione sulle tecniche che al momento danno riscontri positivi e anche sulle tante incertezze su cui lavorare in futuro. Sulla Maculatura Bruna e la Cimice Asiatica sono intervenuti Michele Preti di Astra Innovazione e Sviluppo e Renzo Bucchi, responsabile scientifico Agri 2000 Net, impegnati nello sviluppo di diversi progetti PSR della Regione Emilia Romagna e di altre attività finanziate da OI Pera, da cui è emerso chiaramente che la lotta al momento è un insieme di azioni sinergiche.
Infine, nella terza sessione, sul Green Deal e le nuove frontiere della pericoltura, Simona Rubbi di CSO Italy ha sottolineato l’importanza di percorrere nuove strade per la sostenibilità che deve essere anche economica. Da questo concetto Francesca Negrini dell’Università di Bologna, Luca Casoli del Consorzio fitosanitario di Modena e Reggio Emilia hanno spiegato le potenzialità delle nuove biotecnologie basate sul silenziamento genico, in particolare dell’esperienza iniziata quest’anno e supportata oltre che dalla Regione Emilia Romagna anche da OI Pera su pero contro la Maculatura Bruna.
In questa sessione interessante anche l’intervento di Stefano Masini dell’Università di Roma Tor Vergata che ha preceduto le conclusioni di Stefano Boncompagni.
Al termine della giornata, Paolo Bruni, presidente CSO Italy, non ha nascosto l’estrema difficoltà della situazione all’interno della quale la fiera si è svolta, ma ha anche evidenziato una fiducia profonda verso la manifestazione: “Abbiamo svolto questa edizione di Futurpera in un contesto tra i più drammatici della pericoltura italiana. Non si era mai registrato, infatti, un calo produttivo del 70% come quest’anno. Ciò nonostante, la presenza copiosa e convinta degli standisti e la presenza attiva e attenta di centinaia e centinaia di persone ai vari convegni che si sono succeduti, dimostrano una forte e precisa volontà di voler continuare ad investire in questo settore”.
“Spero – ha concluso Bruni – che le notizie che siamo riusciti a dare in questi giorni su strumenti del rischio, cambiamenti climatici, ricerca, biotecnologie, agricoltura 4.0, assicurazioni, nuove strategie commerciali ed altro siano utili per dare un nuovo corso e una nuova speranza alla pericoltura italiana”.